I giornali hanno dato molto rilievo alla Luna piena più “grande” dell’anno che abbiamo potuto ammirare la sera di sabato 19 marzo perché il plenilunio è avvenuto quasi in coincidenza con il passaggio del nostro satellite al perigeo più ravvicinato del 2011 (un avvicinamento non poi tanto eccezionale: la Luna si accostò di più alla Terra nel 2008, nel 2005 e nel 1993, tanto per limitarci ai casi più recenti).
In realtà la notizia di questi giorni astronomicamente più interessante è un’altra: con una manovra da manuale, il 17 marzo la navicella della Nasa “Messenger” è diventata il primo satellite artificiale di Mercurio (foto). Un grande successo tecnologico, una prima assoluta, il passo decisivo per completare il quadro delle conoscenze su uno dei pianeti più trascurati dal 1975 in poi.
Quando sono stati impartiti da due antenne paraboliche del Deep Space Network (una delle quali è di riserva) i comandi finali alla sonda “Messenger”, il pianeta si trovava a 155 milioni di chilometri dalla Terra. E’ questo il traguardo finale e più ambizioso di “Messenger”, che ha già compiuto un viaggio di 7,9 miliardi di chilometri nella sua complessa traiettoria da quando fu lanciata il 3 agosto del 2004. Nei prossimi giorni tutti gli strumenti di bordo verranno ricontrollati e inizierà poi, a partire dal 4 aprile, la fase di ricognizione orbitale del pianeta più piccolo e più vicino al Sole. Solo il 31 per cento del propellente disponibile è stato utilizzato per la manovra. Questa ha richiesto 15 minuti. La velocità di inserimento è stata di poco inferiore a 1 chilometro al secondo.
Chi desidera ricevere direttamente informazioni sugli sviluppi della missione non ha che da iscriversi alla mailing list istituita appositamente dalla Nasa rivolgendosi al seguente indirizzo: aplive.jhuapl.edu/dana-na/auth/url_default/welcome.cgi
Il silenzio o quasi di giornali e tv sulla missione “Messenger” ci ricorda che non sempre i testimoni sanno distinguere, negli eventi a cui assistono, tra quelli storicamente importanti e quelli meno significativi.
Per esempio, nei primi decenni del Novecento la cosmologia faceva passi da gigante, ma il pubblico, e anche la maggior parte degli astronomi, si appassionava a temi più banali. Mentre Hubble misurava l’espansione dell’universo, era il domestico Sistema Solare a calamitare la curiosità.
Il 18 febbraio del 1930 Clyde W. Tombaugh scoprì Plutone e, con grande clamore mondiale, dopo Herschel e Le Verrier, divenne uno dei tre uomini che abbiano potuto vantarsi di avere scoperto un pianeta.
La gloria durò 66 anni e sei mesi. Il 24 agosto 2006 l’assemblea dell’Unione Astronomica Internazionale ha declassato Plutone. Non è più un pianeta, da allora è classificato nella nuova categoria dei “pianeti nani”. Tombaugh, che aveva compiuto l’impresa della sua vita all’età di 24 anni subito dopo l’assunzione al Lowell Observatory di Flagstaff (Arizona), visse abbastanza a lungo per assistere con dolore e rabbia alla retrocessione dell’oggetto celeste che aveva scoperto. Morì a novant’anni il 17 gennaio 1997. Non più terzo uomo e unico americano ad aver scovato un nuovo pianeta, ma scopritore del primo di una famiglia di migliaia di modesti oggetti transnettuniani oggi noti come appartenenti alla “Fascia di Kuiper”.
“Sic transit gloria mundi”, così passa la gloria di questo mondo, per citare un detto che ci arriva dall’”Imitazione di Cristo”.
C’entra poco, ma per associazione mi viene anche da osservare che mentre in Giappone morivano 20 mila persone per lo tsunami e si sviluppava il gravissimo incidente nucleare di Fukushima, il signor Scajola da Imperia reclamava un posto nel governo Berlusconi dopo aver perso quello che aveva per via di un alloggio da lui acquistato ma pagato da altri. E ieri mentre si sviluppava in Libia una guerra che ha ulteriormente spaccato il governo, l’Italia era unita, sì, ma nel guardare le partite di calcio.
Spazio: ultima frontiera. Credere che si sia soli nell'universo è come credere che la Terra sia piatta. Come disse l'astrofisico Labeque al palazzo dell'UNESCO, durante il congresso mondiale del SETI di Parigi del Settembre 2008, " SOMETHING IS HERE", "Qualcosa è qui", e I TEMPI SONO MATURI per farsene una ragione. La CIA, l'FBI, la NSA, il Pentagono, e non solo, lo hanno confermato!
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