Alcune recenti immagini di Mercurio inviate a terra dalla sonda della NASA Messenger mostrano degli strani affossamenti del terreno di colore chiaro senza bordi evidenti, molti dei quali formano dei gruppi, la cui origine è per adesso misteriosa. Hanno dimensioni che vanno dalla decina di metri sino a pochi chilometri, e potrebbero essere stati formati da processi ancora in atto sulla superficie di un pianeta che, come la Luna, viene considerato un corpo geologicamente “morto”.
Altri dati raccolti dalla sonda hanno mostrato che le rocce della superficie di Mercurio contengono una quantità di composti volatili molto superiore a quanto si pensava, ragion per cui, la prima ipotesi che è stata fatta per spiegare la formazione di queste strane strutture è che questi avvallamenti si sarebbero formati quando questi elementi si sono vaporizzati dando origine ad un suolo di struttura spugnosa e fragile che successivamente sarebbe collassato.
I composti volatili potrebbero essere stati concentrati in sacche nel corso di eruzioni vulcaniche verificatesi durante le lunghe e fredde notti dell’emisfero non esposto al Sole del pianeta. In tal caso, questi composti potrebbero essersi solidificati e ed essere poi stati sepolti dai flussi di lava. Successivamente, l’impatto di un corpo cosmico potrebbe avere esposto questo materiale alla luce del Sole o averlo portato in prossimità della superficie, causando così la sua vaporizzazione con il conseguente collasso della superficie.
In ogni caso sembra proprio che una grande quantità di materiali volatili si trovino sotto la superficie di Mercurio. Ciò rappresenta un problema per le teorie che cercano di spiegare l’alta densità media del pianeta (5,43 g/cm3) – i due terzi della sua massa dovrebbero infatti essere concentrati nel suo nucleo metallico.
Una teoria sulla formazione di Mercurio ipotizza che durante le prime fasi evolutive del pianeta, l’intenso calore del Sole avrebbe vaporizzato i suoi strati rocciosi esterni, mentre un’altra suggerisce che un protopianeta di grandi dimensioni abbia impattato sul giovane Mercurio spazzando via i suoi strati esterni. In ambedue i casi, il calore avrebbe dovuto far evaporare tutti gli elementi volatili, disperdendoli nello spazio.
Il fatto che Messenger abbia riscontrato una quantità di questi composti molto superiore a quanto atteso obbliga perciò alla rivisitazione delle teorie sulla formazione del più piccolo pianeta del Sistema Solare.
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