Arrivando dall'alto le si vedono stagliarsi come funghi bianchi sullo sfondo di una terra rossa come solo l'outback australiano sa essere. Sono sei antenne paraboliche disseminate sul territorio della Boolardy Station nella Contea di Murchison in Western Australia, un'avanguardia dei trentasei radioscopi previsti dall'Australian Square Kilometer Array Pathfinder (Askap) che – una volta terminato – sarà uno fra i radio osservatori astronomici più avanzati al mondo.
Ma soprattutto, sperano qui in Australia, queste sei antenne potrebbero a giorni divenire il primo embrione del più ambizioso progetto d'indagine cosmica intrapreso nella storia dell'astronomia: un radio-telescopio che, interconnettendo migliaia fra paraboliche e antenne ad apertura varia, potrà produrre un'area di raccolta del segnale di un chilometro quadrato, da cui il nome Square Kilometer Array (Ska). Concepito per dare risposte a misteri tuttora insondabili sulla natura dell'Universo, questo imponente progetto scientifico internazionale che coinvolge venti Paesi – sette dei quali (Regno Unito, Australia, Sudafrica, Olanda, Italia, Cina e Nuova Zelanda) hanno formalmente costituito la Ska Organization – sta infatti per scegliere chi fra Australia e Sudafrica ospiterà il sito dell'avveniristico radio-telescopio.
«Ai media piace l'idea della gara e come tale la presentano – sdrammatizza Peter Hall, deputy director engineering dell'International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar), uno degli istituti australiani in prima linea nello sviluppo di Ska –, ma tutto si sta svolgendo nell'ambito della tradizionale collaborazione scientifica, anche fra noi e gli scienziati di MeerKAT, il progetto sudafricano. E comunque, quale che sia il sito prescelto, all'altro rimarrà un ruolo cruciale nello sviluppo di Ska». Resta il fatto che l'Australia sta puntando su Askap risorse – sia umane che finanziarie – a un ritmo e con un impegno che lascia chiaramente trasparire il desiderio di vincere la gara "che non c'è".
A dare sostegno e sostanza alla candidatura australiana c'è il Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (Csiro), l'omologo del Cnr italiano, con il suo complesso di uomini, mezzi ed expertise tecnica. Proprio lo Csiro ha fornito ad Askap un breakthrough tecnologico che fornisce prestigio e credibilità alla struttura australiana, vale a dire lo sviluppo del "phase array feed", un aggregatore di segnali ad alta definizione che assicura efficienza e sensibilità senza precedenti: «Per intenderci, la differenza con la strumentazione attualmente in uso è quella che può esserci fra una fotocamera a un pixel e una a cento pixel», chiarisce Russell Gough, research engineer allo Csiro. A dare fiducia al team australiano sull'esito della scelta del sito c'è anche la storica leadership che il Paese si è guadagnato nella ricerca astronomica: nell'immediato dopoguerra, il team Csiro – a quei tempi guidato da John Bolton e Joseph Pawsey – fu infatti fra i protagonisti della nascita della radio astronomia.
L'entusiasmo nel campo base della Boolardy Station è palpabile e, pur se nessuno si sbilancia, sono in molti a credere che l'Australia sarà alla fine il Paese prescelto. Tanto che già si stanno facendo congetture su come eventualmente espandere la portata dell'immagine catturata da uno Ska localizzato nella Contea di Murchison: «Il cuore pulsante del sistema sarebbe nella Boolardy Station – spiega Steven Tingay, deputy director del Murchison Radio Astronomy Observatory (Mro) – e avrebbe come propaggini una serie di antenne posizionate nel resto d'Australia e in Nuova Zelanda. Ma un ulteriore importante salto di qualità nella potenziale cattura del segnale lo potremmo fare dislocando altre sei antenne distribuite fra India, Cina, Corea e Giappone». «Comunque vada, l'avventura che inizia con lo Ska è straordinaria», dice Lisa Harvey-Smith, Ska project scientist dello Csiro, quasi a esorcizzare l'idea di un'eventuale delusione nella proclamazione del sito: «Una volta operativo, lo Ska ci porterà indietro nel tempo, fin dentro l'Era Oscura che inizia circa 400mila anni dopo il Big Bang. Potremo allora finalmente capire come e perché a un certo punto i gas cosmici si sono re-ionizzati e l'Universo si è "acceso" con la formazione delle prime stelle. Onestamente, un astrofisico non può chiedere di più».
Fonte: http://www.ilsole24ore.com
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