Il governo giapponese ammette di aver trovato tracce del pericoloso materiale radioattivo a decine di chilometri di distanza dalla centrale nucleare
Tracce di plutonio sono state trovate a circa 45 chilometri di distanza dall’impianto nucleare di Fukushima Daiichi, in Giappone. Si tratta della prima rilevazione di questo materiale radioattivo in un’area così distante dalla centrale, rimasta gravemente danneggiata dal terremoto e dallo tsunami dello scorso marzo nel Giappone settentrionale.
La conferma del ritrovamento delle tracce radioattive è stata diffusa dal ministro della Scienza in un rapporto governativo pubblicato ieri. Oltre al plutonio, a una ottantina di chilometri dall’impianto sono state rilevate anche tracce di stronzio, un altro elemento molto pericoloso che va trattato con cautela. Fino a ora nell’area intorno a Fukushima era stata rilevata solamente la presenza di due altri materiali radioattivi: il cesio e lo iodio.
Nel rapporto le autorità giapponesi dicono che la radioattività del plutonio e dello stronzio è “estremamente bassa”, se confrontata con le alte concentrazioni di cesio trovate in questi mesi in altre aree nei pressi della centrale nucleare. Per il governo la scoperta non è quindi allarmante e l’obiettivo principale rimane la bonifica delle aree rimaste maggiormente contaminate dalla crisi nucleare.
L’ammissione che tracce di materiale radioattivo siano state trovate a una simile distanza da Fukushima Daiichi non deve essere comunque sottovalutata, perché indica una potenziale esposizione a maggiori radiazioni da parte di chi abita lontano dall’impianto. Il plutonio e lo stronzio non emettono raggi gamma a livelli alti quanto quelli emessi da cesio e iodio radioattivi, tuttavia entrambi gli elementi si possono accumulare nell’organismo e causare alcune forme tumorali. Il plutonio si accumula solitamente nelle ossa e nei polmoni, lo stronzio nell’apparato scheletrico.
Come spiegano sul Wall Street Journal, plutonio e stronzio hanno un tempo di dimezzamento (emivita) lungo: per alcune forme di stronzio ci vogliono almeno 29 anni perché metà dei loro atomi decadano in un altro elemento, per il plutonio in alcuni casi possono volerci più di 24mila anni. Questo significa che questi due elementi emettono per lungo tempo raggi alfa, dannosi per molti organismi viventi. Bonificare un’area contaminata da questi elementi è molto complicato ed è difficile liberarsi completamente della loro presenza.
Il rapporto governativo ipotizza che il plutonio-238 sia stato emesso dai reattori danneggiati di Fukushima e che abbia viaggiato per diversi chilometri nell’aria prima di depositarsi sul suolo. La sua presenza è stata riscontrata in sei siti diversi. Nella zona del villaggio di Iitate, a 50 chilometri dalla centrale nucleare, sono stati registrati 0,82 becquerel di plutonio-238 e 2,5 becquerel di plutonio-239 e plutonio-240 (il becquerel è l’unità di misura dell’attività di un radionuclide, quella che siamo soliti chiamare radioattività; la bomba di Hiroshima produsse 8 milioni di miliardi di miliardi di becquerel). Il villaggio era stato evacuato nei giorni della crisi nucleare.
Dallo scorso marzo, tecnici ed esperti sono al lavoro per mettere in sicurezza l’impianto nucleare di Fukushima. Il lavoro sui reattori continua, tra grandi cautele per evitare una eccessiva esposizione dei lavoratori alle radiazioni. L’Agenzia per la sicurezza nucleare del Giappone ha chiesto al governo di stanziare per il prossimo anno almeno 3,7 miliardi di euro per la bonifica dei terreni contaminati, la costruzione di nuovi sistemi di sicurezza e delle infrastrutture nell’area intorno a Fukushima.
Fonte: http://www.ilpost.it
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