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Saturday, September 10, 2011

I droni Global Hawk a Sigonella. Di Luca Guzzetti

In Italia sono operativi dalla fine del 2010 e può capitare di osservarli volare, a me è successo ( O.Mannucci)

Global Hawk, il futuro è arrivato anche in Italia.

La notizia è passata in gran parte inosservata, ma ha una certa rilevanza per quanto riguarda il ruolo dell’Italia nel sistema di difesa internazionale della NATO, e più in generale per quanto riguarda le strategie militari della grande potenza americana. Tra qualche mese saranno operativi a partire dalla base statunitense di Sigonella, nella Sicilia orientale, alcuni droni Global Hawk, ovvero velivoli militari di sorveglianza senza pilota. Sino ad ora le basi di comando di questo fondamentale strumento della guerra contemporanea si trovavano tutte sul suolo americano, in Florida, Nevada e California. Ora le basi operative si stanno avvicinando ai teatri di guerra del Medio Oriente, del Corno d’Africa, dell’Iraq, dell’Afghanistan. Parallelamente alla base italiana, il Pentagono sta predisponendo la dislocazione dei droni anche nella base di Guam nel Pacifico occidentale (nota storica), non troppo lontana dal territorio della Cina, paese che ha preso il posto dell’Unione sovietica quale principale antagonista dal punto di vista militare degli Stati Uniti.

I droni sono apparecchi estremamente costosi: un velivolo senza pilota – come quelli dispiegati a Sigonella – può costare più di 180 milioni di dollari, soprattutto a causa della sofisticatissima strumentazione elettronica che contengono. Ciò nonostante le forze aeree militari da sole hanno deciso di investire altri 6 miliardi di dollari entro il 2012 per dotarsi di una flotta di alcune decine di droni. In questo campo, come in ogni altro a partire dalla militarizzazione dello spazio, le autorità militari cinesi seguono da vicino gli sviluppi impressi dagli Americani alle proprie strategie militari: non potendosi permettere dal punto di vista economico – e in parte tecnologico – i droni di modello americano, i Cinesi hanno deciso di dotarsi comunque di una flotta di aerei senza pilota, trasformando vecchi aerei in disarmo in droni dotati di strumentazione di sorveglianza e spionaggio.

I Global Hawk, costruiti dall’azienda statunitense Northop Grumman, sono i più diffusi droni per la sorveglianza aerea, ma i droni sono divenuti una vera e propria passione dei militari americani, tanto che ne esistono sul mercato già più di 500 modelli, molti dei quali dotati anche di armi e missili come ad esempio il Predator. Esistono droni di tutte le dimensioni e con varie capacità di volo e diversa autonomia: dai droni delle dimensioni di un aliante giocattolo che si lancia come un giavellotto, ai droni di maggiori dimensioni che come i Global Hawk pesano diverse tonnellate.

Intanto il Darpa, l’ufficio tecnologico del Pentagono che ha tra l’altro portato all’invenzione di internet, sta lavorando su altri droni: da quelli grandi come insetti, adatti allo spionaggio urbano, a nuovi grandi droni con autonomia di molte settimane, capaci di sorvegliare aree vastissime della terra, ma molto più flessibili nel loro utilizzo rispetto ai satelliti.

I droni hanno ricevuto una certa attenzione da parte dell’opinione pubblica soprattutto per il loro uso militare in teatri di guerra, e in particolare in Afghanistan. Molti attacchi aerei contro veri o presunti leader di Al Qaeda o dei Taliban sono stati effettuati da aerei privi di pilota, comandati da ufficiali dell’aviazione militare che si trovavano in Nevada. Questi attacchi hanno spesso causato molte vittime civili e hanno quindi in molti casi inimicato le popolazioni locali, i cui “cuori” dovrebbero essere guadagnati alla causa della guerra contro i Taliban – guerra che in effetti le forze alleate, Italiani compresi, sembrano sul punto di perdere.

L’uso massiccio di droni rientra infatti in una più generale strategia di guerra senza vittime (americane), tutta basata sui bombardamenti aerei e con il minor uso possibile di truppe di terra. Oltre ad apparire eticamente dubbia la conduzione di una guerra a distanza da parte di militari che seguono le vicende su un monitor a migliaia di chilometri di distanza e sparano come se si trattasse di un video gioco, la mancanza di contatti con la popolazione e gli alleati locali sul terreno di battaglia sembra dare risultati militari molto scarsi.

In generale, i militari americani sembrano essere vittime dell’illusione che la superiorità tecnologica debba necessariamente condurre alla vittoria in guerra. Da questo punto di vista la sconfitta in Vietnam sembra aver insegnato molto poco. C’è una barzelletta piuttosto significativa su questo tema: al momento della massima escalation militare in Vietnam alla fine degli anni Sessanta, gli analisti americani della guerra cibernetica introducono tutti i dati su Stati Uniti e Vietnam in un cervellone elettronico per domandargli quando vinceranno la guerra; la risposta del computer è: “Avete già vinto la guerra nel 1964”. Come è noto, gli Americani abbandoneranno sconfitti il Vietnam nel 1975, ma l’illusione dei militari che la tecnologia sia l’unico elemento essenziale per la vittoria militare non è venuta meno e si è anzi accentuata con lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Lo sviluppo dei droni e il loro massiccio utilizzo, nonostante i costi proibitivi, rientra in questa prospettiva. Anche qui i militari sembrano pensare che una conoscenza totale del “campo di battaglia” sia possibile, e che la nebbia della battaglia – come la chiamava Clausewitz – possa essere definitivamente eliminata. Nelle speranze dei militari il complesso sistema di informazioni raccolto da satelliti, droni di alta quota, aerei senza pilota come i Global Hawk di Sigonella, piccoli droni da campo di battaglia come i Raven e i futuri robot-insetti, ed elaborato centralmente in qualche base militare sotto casa, costituirà una sorta di panopticon globale, dal quale il Pentagono potrà tenere sotto controllo tutti gli effettivi e potenziali nemici e decidere in qualsiasi momento di colpirli. Si tratta anche in questo caso, molto probabilmente, di una speranza vana.

PER APPROFONDIMENTO SU SIGONELLA, un interessante punto di vista di Antonio Mazzeo. “ Marchio Legacoop sui Global Hawk delle forze armate USA”.

Fonte: http://ilsecolo21.it


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