Le fratture lungo il Pine Island Glacier fotografate da un Dc8 della Nasa nell'ottobre 2011 (Credit: Michael Studinger/NASA)
Siamo sicuri di voler tornare al Pliocene, era geologica che si concluse più o meno due milioni e mezzo di anni fa e nella quale, almeno per la maggior parte dei 3 milioni di anni che durò, i mari erano più alti di oggi di circa 25 metri, il Mediterraneo era un bacino tropicale e l'Italia quasi non esisteva (anche se in questo ultimo aspetto c'entra pure la geologia oltre al clima)?
Secondo James E. Hansen, direttore del Goddard Institute per gli studi spaziali , è il nostro destino più probabile se le cose andranno avanti così, in termini di cambiamento climatico . I due gradi di riscaldamento del pianeta a cui ci stiamo avviando e che alcuni studiosi indicano come il limite da non superare, secondo Hansen saranno già più che sufficienti a riportarci a condizioni simili a quel periodo preistorico e quindi a veder scomparire la maggior parte delle coste attuali, incluse le città, le spiagge, intere isole e interi arcipelaghi. Una piccola differenza di temperatura verso l'alto sarà sufficiente per produrre un cataclisma, almeno dal nostro punto di vista. «I dati paleoclimatologici rivelano una sensibilità del clima maggiore di quella che si pensava anche solo pochi anni fa. Il limite dei due gradi non è sufficiente e sarebbe un passaporto per il disastro», afferma lo scienziato. Oggi la temperatura media risulta già di 0,8 gradi più alta rispetto a quella del 1880 e le stime indicano che stiamo guadagnando oltre un decimo di grado ogni decennio. Che questo sia dovuto soprat
tutto alle emissioni di inquinanti prodotti dall'attività umana, con l'anidride carbonica in testa, per il Goddard Institute è fuori discussione. Ma c'è di più. È la velocità di risposta del sistema, soprattutto in termini di rapidità di scioglimento dei ghiacci , che preoccupa Hansen. La sua idea, condivisa da altri studiosi, è che la scomparsa del pack non sia un processo lineare. Un esempio è il Pine Island Glacier dell'Antartide occidentale, dove la riduzione della massa ghiacciata ha continuato ad accelerare nell'ultima decade. Il satellite della Nasa chiamato Grace (Gravity recovery and climate experiment) ha registrato dati compatibili con l'ipotesi che la velocità a cui questo processo avviene raddoppi ogni dieci anni. «Non abbiamo zone cuscinetto tra il clima di oggi e un riscaldamento pericoloso, la Terra è in bilico in una situazione in cui modesti aumenti del surriscaldamento possono innescare forti amplificazioni della risposta». Secondo Hansen sarebbe necessario ridurre la CO2 dalle 390 parti per milione di oggi ad almeno 350 per stabilizzare la situazione. Ma anche dalla conferenza che si sta per chiudere a Durban non sembra arrivare nessun segnale che possa rendere plausibile questa ipotesi.
Fonte: http://www.ilsole24ore.com
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