Una catastrofe ecologica ed umana rivelata da una sentenza del 2006 e negata da Rosatom
[ 27 dicembre 2011 ]
Umberto Mazzantini
Vladimir Slivyak, dell'associazione ambientalista russa Ecodefence! ha rivelato a Bellona News che la sua Ong è riuscita ottenere ed ha inviato ai media una sentenza di un tribunale che conferma quanto il monopolista statale del nucleare russo, Rosatom, ha pervicacemente negato per anni: «il famigerato impianto di ritrattamento delle scorie nucleari di Mayak, negli Urali, non ha mai smesso di scaricare i sottoprodotti radioattivi del ritrattamento nel vicino fiume Techa, la fonte di approvvigionamento idrico domestico per migliaia di abitazioni dell'area».
Il documento smentisce Rosatom, che continua a insistere su come da decenni sia stato interrotto lo scarico illecito di scorie radioattive killer dell'ambiente, con le attuali attività che rispettano tutti gli standard di sicurezza internazionali. L'impianto di Mayak, nella città nucleare chiusa di Ozersk, è l'unico operativo in tutta la Russia per il ritrattamento di combustibile nucleare esaurito dei reattori Vver-440 reattori e dei sottomarini nucleari, ma riprocessa anche combustibile importato da altri Paesi. Da decenni sversa veleno radioattivo nel fiume Techa e da qui del lago Karachai che, secondo il sito internet moniker, sono i posti più contaminati da radiazioni di tutto il pianeta. A Mayak è anche avvenuta nel 1957 (ma resa nota solo nel 1989), la più grande catastrofe nucleare della storia dopo quelle di Chernobyl e di Fukushima Daiichi, conosciuta come il disastro di Kyshtym, quando esplose un container con scorie altamente radioattive nella Mayak chemical combine, contaminando circa 20.000 km2 e 270.000 persone.
La sentenza della quale è entrata in possesso Ecodefense risale a cinque anni fa ed «enuncia fatti molto recenti ed una contaminazione radioattiva, difficilmente accidentale, delle vicine aree popolate, dati che non si prestano ad interpretazioni errate - scrive Slivyak. Il documento in questione è parte di un procedimento penale contro l'ex direttore di Mayak Vitaly Sadovnikov, che nel marzo 2006 è stato sollevato dalle sue funzioni da un ordine di Rosatom, indotto da un procedimento penale avviato dall'ufficio del procuratore generale». E' la prima volta che gli ambientalisti russi sono riusciti ad entrare in possesso di un documento così autorevole che dimostra che la contaminazione radioattiva intorno a Mayak si è verificata dopo la recente attività di scarico, e non per il fallout dell'incidente avvenuto 53 anni fa: ci sono voluti cinque anni per ottenere l'accesso a queste in formazioni su un procedimento penale del 2006 ed un processo tenutosi a porte chiuse. La cosa è stata possibile solo perché il documento era collegato ad un processo diverso dal quale è emersa la realtà indicibile e scandalosa di Mayak.
Secondo Slivyak, «questi sono alcuni dei fatti indicati nel documento: tra il 2001 e il 2004, circa da 30 a 40 milioni di m3 di scorie radioattive sono finiti nel fiume Techa, presso l'impianto di ritrattamento, che "ha causato la contaminazione radioattiva dell'ambiente con l'isotopo stronzio-90". L'area è abitata da 4.000 a 5.000 residenti. Le misurazioni effettuate in prossimità del villaggio di Muslymovo, che ha sofferto il peso sia dell'incidente del 1957 che degli scarichi radioattivi degli anni ‘50, hanno dimostrato che l'acqua del fiume, secondo le linee guida del Regolamento sanitario per la gestione dei rifiuti radioattivi, del 2002, è "qualificata come rifiuti radioattivi liquidi".
La sentenza afferma inoltre che "l'aumento delle radiazione di fondo ai livelli dichiarati causa pericolo per la salute e la vita dei residenti [...] come le conseguenze [... che si sono sviluppate] in oltre due anni sotto forma di leucemia acuta mieloide e in cinque anni in forma di altri tipi di cancro". Il documento afferma inoltre che tra il 2001 e il 2004, la gestione di Mayak ha avuto a disposizione fondi per un importo di 5,5 miliardi di rubli ($ 174.200.000). La maggior parte di tale finanziamento era stato ricevuto come pagamento per aver accettato le spedizioni per il ritrattamento nucleare dall'estero. Tuttavia, il denaro non è stato utilizzato per aumentare la sicurezza dello stoccaggio e la gestione dei residui radioattivi, ma piuttosto per una serie di scopi estranei, come prestiti e bonus, così come per le spese di mantenimento di un ufficio di rappresentanza a Mosca. Allo stesso tempo, la gestione di Mayak era ben consapevole dei rischi ecologici e degli impatti ambientali che la minaccia delle scorie radioattive rilasciati nel vicino sistema fluviale comporta. Quelle sostanze radioattive non sono andate da nessuna parte, e sono ancora nel fiume. Le scorie oggetto di scarico recente si sono apparentemente aggiunte all'acqua del fiume altamente contaminata in maniera regolare, una pratica che probabilmente ha continuato fino a non più tardi di un mese fa».
Nel novembre scorso l'associazione ambientalista locale Planet of Hopes ha fatto dei prelievi dal Techa vicino a Muslyumovo, e il risultato è stato un livello di radiazioni di fondo 79 volte superiore alla norma. Intanto la gente continua ad utilizzare l'acqua del fiume per le attività domestiche ed agricole. «In altre parole - spiega Slivyak - una parte dei radionuclidi sono già passati dal fiume Techa, attraverso i prodotti a base di carne e latte, nella popolazione umana residente lungo la rive del Techa».
Una noncuranza criminale per la sicurezza, che Rosatom nega da decenni. Nel febbraio 2011 a Chelyabinsk, una delle maggiori città della regione dove sorge l'impianto di Mayak, si è tenuto un incontro tra uomini d'affari svizzeri rappresentanti Rosatom, i gestori di Mayak e diverse agenzie e organizzazioni che lavorano nel campo della sicurezza radioattiva, e i russi hanno offerto agli svizzeri «molti anni di esperienza maturata nel monitoraggio ambientale e nel miglioramento della situazione ecologica nella regione, così come la prestazione di servizi per la popolazione che ha sofferto per l'esposizione alle radiazioni nei primi anni di funzionamento di Mayak». Igor Konyshev, il capo dell'Ufficio regionale di collegamento di Rosatom, parlò dell'immagine Mayak «ingiustamente segnata dalle disavventure di un passato lontano».
Per Konyshev le colpe della brutta fama di Mayak e della MK Chelyabinsk sarebbero tutte dei "verdi" che la raffigurano, per pura propaganda, come fonte di guai e malattie per la popolazione della regione; «in verità, ci interessiamo del livello degli scarichi che sono nocivi per la salute umana e della rigorosità della sicurezza ecologica e industriale. Mayak oggi è decine di volte più sicura rispetto a qualsiasi altra grande impresa industriale. A partire dalla metà degli anni ‘50, Mayak non ha effettuato scarichi di scorie liquide radioattive nel sistema aperto di acqua dolce».
Eppure nel 2011 Rosatom sapeva bene che nel 2006 una corte russa aveva sentenziato che cinque località abitate nei dintorni di Mayak (Muslyumovo, Brodokalmak, Russkaya Techa, Nizhnepetropavlovskoye e Zatechenskoye) avevano mostrato una contaminazione radioattiva causata da scarichi recenti di scorie radioattive. Ecodefence sottolinea che «questo è del tutto contrario alla posizione ufficiale di Rosatom, che già in precedenza ribadiva come i villaggi fossero un posto sicuro in cui vivere. La società ha rifiutato di prendere in considerazione le richieste degli ambientalisti di reinsediare questi villaggi a causa di pericolo per la vita per i livelli di contaminazione nella zona. L'unica, e parziale, eccezione è stata fatta per Muslyumovo, dove alcuni residenti hanno avuto la possibilità di trasferirsi, ma il programma è stato accompagnato da una serie di violazioni ed abusi finanziari».
Nell'aprile 2010, Ecodefense! e 23 cittadini di Muslyumovo hanno depositato una class action, attualmente all'esame, contro il governo della Federazione Russa, Rosatom, il ministero della Protezione civile, emergenze e calamità naturali e quello della Sanità e dello sviluppo sociale, con la quale chiedono che il fiume Techa venga riconosciuto come "sito di stoccaggio di scorie radioattive" e che i suoi 240 km vengano coperti da un "sarcofago" di cemento, interdetti e chiusi all'accesso.
Quello che è certo è che nel Techa, nel periodo staliniano, tra il 1949 e il 1956, sono stati sversati 76 milioni di m3 di scorie radioattive ed è ormai ufficialmente confermato che altri 30 a 40 milioni di m3 sono finiti nel fiume tra il 2001 e il 2004, in piena era putiniana. Secondo Ecodefense!, basandosi sui dati disponibili, la quantità totale di scorie radioattive finite nel Techa dall'inizio dell'attività a Mayak arriva all'incredibile cifra di 500 milioni di m3.
Rosatom ha più volte tentato di presentare Mayak come un'industria modello che non danneggia l'ambiente, ma gli ambientalisti la accusano di propaganda irresponsabile per cercare di «soffocare le critiche fondate e minare gli sforzi per risolvere i problemi dell'industria nucleare che sta cercando di spazzare sotto il tappeto. Al fine di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dall'orribile verità, l'industria nucleare ha regolarmente avviato campagne denigratorie mirate sui media, suscitando polemiche ed affermazioni false per screditare gli ambientalisti». Rosatom, per sfuggire a qualsiasi controllo indesiderato ha potenti complicità locali e statali, tanto che i più popolari motori di ricerca della Russia, Google e Yandex, sono stati "purgati" da ogni opinione sfavorevole sulla situazione ecologica nella regione di Chelyabinsk.
«I residenti locali pagano questi trucchi con la loro salute e la loro vita - dice Slivyak. Intanto Mayak continua a fare miliardi, sul ritrattamento delle scorie nucleari di importazione. Ecco come l'industria nucleare russa fa il suo business. E lo fa in spregio della legge. Lo smaltimento di scorie radioattive in ambiente aperto è vietato in Russia da leggi anche di recente adozione. Questo servirà per una nuova causa civile di Ecodefense basata sulla legge sulla gestione dei rifiuti radioattivi».
Fonte: http://www.greenreport.it
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